11 febbraio 2006

Due cuori...e due cilindri!



Ispirato da Geena, pubblico un mio breve racconto, scritto qualche tempo fa.
Devo prima dire che sono davvero felice quando in moto siamo in due. E' una bellissima comunione di sensazioni, è ogni volta una esperienza unica.
Queste poche righe, scritte "when I was alone", credo rendano l'idea della passione che provano i motociclisti, ogni volta che salgono sulla loro moto.
Ovviamente... Ducati! :-)



In Moto

Stamattina non promette nulla buono. Cielo velato, freddo (4 gradi) e pure una nebbiolina bastarda, di quelle che ti penetrano ben bene fino nelle ossa e ti fanno cigolare le articolazioni come un carrarmato tedesco del 44 in disarmo.

Sono steso a letto da 20 minuti buoni, pensando Fa bello, ti prego, fa che sia bello! E' da 2 mesi che non la tocco... ti prego, fa che sia bello....
All'ennesimo urlo "ALZATI!!!" di mio padre mi decido: scendo dal letto, mi metto i pantaloni e una felpa, e vado in cucina. Il caffe' e' pronto, caldo e zuccherato al punto giusto. Aspetto una domanda... so che uno dei due me la fara'...

"C'e' un po' freddo... pero' dovrebbe migliorare... che fai, VAI?" Ecco, lo sapevo. Questa volta e' toccato a mio padre. Mia mamma mi guarda con occhi colmi di speranza. Sorseggio quanto rimane di caffe'. "Si..." sono un po' laconico, e nemmeno troppo convinto, ma questa soddisfazione non la avranno mai. Non mi sono alzato alle 7:30 per niente. Devo ancora mettere la testa fuori di casa, e gia' una sensazione di freddo mi sfiora. Ci sono tre biscotti su un tovagliolo sul tavolo. Masticandoli, mi sembra di stare un po' meglio.

"Mamma, sai dov'é la calzamaglia nera?" A questa domanda lei si rassegna. Ha capito. Sa che saro' inamovibile. "Credo che sia nel tuo armadio... non lo so di preciso..." Il tono è neutro... vuol far vedere che la cosa non la sfiora.
"Ok, puoi cercarla per piacere?" Non risponde, ma si alza e si mette a lavare i piatti. "Intanto papa' mi da una mano. Credo che la batteria sia un po' giù di carica." Vado in stireria e mi infilo le mie ciabatte. Mio padre è già sulla soglia di casa che mi aspetta. Usciamo.

Lo so che non partirà. Ci spero, ma lo so. E' ferma da troppo tempo. Due mesi sono tanti. Lo dico a mio padre "Beh, la attaccheremo al caricabatterie".
Fuori fa freddo. Penso che avrò freddo. Mi ricordo quando qualche anno fa andavo in giro con temperature polari. Mi sembra un secolo, e sono passati solo 6 anni. L'età ti fa diventare una donnicciola, anzi, ti fa diventare una sorta di budino senza nervo. Apro il portone. La maniglia è gelata. Lei e lì, davanti a me. E mi guarda sorniona.

Inserisco la chiave. La giro. Sento il ronzare della pompa della benzina. Regolo lo starter. E' il momento della verità. Il pulsante di accensione aspetta solo me. Dai bella... non mi mollare. Schiaccio il pulsante.

Niente. Il motorino gira e il motore singhiozza, ma non c'é uno scoppio, un segno di vita nemmeno a pagarlo in oro. Smetto. Aspetto qualche secondo. Riprovo. Niente. Anzi, peggio. Se la ingolfo, dovrò sudare le canoniche sette camicie per venirne a capo. "Dai Rudi, portala di là, che la mettiamo sotto carica". Non me lo faccio ripetere. La spingo verso l'altro portone, mentre mio padre lo apre e prepara i cavi. Io sgancio il serbatoio e lo alzo (è basculante). Controllo il livello della batteria, ed è normale. "Aspetta un po' e poi riprova". Annuisco, un po' deluso e pure un po' sfiduciato. La mia bella mi ha tradito. Però è colpa mia. E lo so. L'indicatore di carica è a buon punto. "Provo". Mio padre è silenzioso e immobile. Capisce che si tratta di una situazione da risolvere in due. E' un affare tra me e lei.

Pulsante. Stavolta lo tengo premuto di più, per far girare l'olio. Niente. Aspetto. Il silenzio è pesante, da ultimo rigore alla finale dei mondiali di calcio. Aspetto. Pulsante. Gira, e mi sembra meglio. Dai, dai... Tunf! eccolo, è il segnale. Uno scoppio. Un sussulto di vita in un essere inanimato. Però poi... "Niente..." Il tono è sconsolato. "Aspetta un po', che si carichi meglio" mi rincuora mio padre. E lo fa sinceramente. Aspetto. Pulsante. Tunf! Tunf! Tunf! fa lei dopo qualche secondo. Ci siamo!!. Il motore ha un sussulto e sia avvia. TRUTRUTRUTRU!! Sale di giri in fretta. Troppi! Abbasso lo starter. Troppo. Cala il silenzio. Mi prenderei a pugni. Ho fatto un errore da principiante. Ho tardato con la manetta dello starter. Ma il più è fatto. So che partirà. Aspetto un altro po'. "Aspetta che si carichi bene" mi consiglia mio padre. Ok, è il mio momento. Chiave, pulsante. Qualche secondo di giri a vuoto... poi... eccola! TRUTRUTRUTRU!! Sale di giri. Starter e acceleratore. Ok? E' FATTA!!! Il regime si stabilizza su 2000 giri. Dallo scarico escono nuvole di vapore. Come una vecchia signora che si sveglia, la mia lei tossice un po'. Ha freddo, poverina. Lavoro di fino con l'acceleratore per scaldarla un po'. Rilascio lo starter. La lascio al minimo per un minuto. Poi la spengo. La batteria è a posto. "Bene" io e mio papa' lo diciamo insieme. Lui rimette a posto i cavi, io porto la moto nel cortile. Entriamo in casa.

Ah, i preparativi... Sono la cosa che più amo. Una serie di gesti studiati, ritmici, cadenzati. Vado in stireria. Prendo il caso, il sottocasco, i guanti e il marsupio. Li porto in cucina e li metto sul tavolo. Torno in stireria. Le calze le ho. Via i pantaloni, via la felpa. Mi infilo la calzamaglia. Tira da tutte le parti. Ma soprattutto... beh, lì, dove da (ovviamente) più fastidio. Del resto... le donne non hanno di questi problemi. Sono dei collant di mia madre, infatti. Ma sono caldi, e vanno bene. Pantaloni della tuta. Li aggiusto bene, e poi chiudo le zip. Ora gli stivali. Poi, la giacca della tuta. La aggancio ai pantaloni. Mio padre mi da una mano. Chiudo le zip della giacca, in un preciso ordine: centrale, braccio sinistro, braccio destro. Torno in cucina.

Prendo uno straccio dal cassetto e con un po' di detergente pulisco il casco. "Sono sicuro che uscirà il sole. Sei fortunato!" Mio padre è sincero, ma a me viene voglia di toccarmi là. Metto nel mersupio l'essenziale: portafogli, sigarette, chiavi; niente telefono, niente orologio... non ci sono per nessuno. Lo allaccio attorno alla vita. "Quando vi fermate a mangiare, chiama" Me lo dice sempre, mia madre, ma sa già che me ne dimenticherò. Indosso il sottocasco e poi il casco. Comincio a sentire caldo, lì in casa. La felpa in pile che ho sotto la tuta promette bene.

Esco. Mio padre mi segue, col telecomando del cancello. Ho i guanti in mano. Li tengo sempre per ultimi... Li indosso sempre quando ho già avviato il motore e sto per salire. Mi avvicino a lei. Freme, la sento... Non vede l'ora. Chiave. Pulsante. Tunf! al primo colpo, si mette a cantare regolare. Ottimo. Infilo i guanti e me li aggiusto. Mi sfiora il pensiero che forse saranno troppo leggeri. Lo scaccio, seccato. Monto in sella. Scaldo il motore, sgasando un po'. Sono pronto.

Saluto mio padre e mia madre urlando un "Ciao!!" da dentro il casco. Loro mi rispondono. "Telefona!" mia madre. Ma accidenti, sono anni ormai che me lo dici. Dentro la prima, acceleratore, frizione. Le ruote si muovono. Il cancello si sta aprendo. Mi avvicino piano, mi fermo ed aspetto che si apra. Lo supero, e mi fermo sul ciglio della strada. Mi guardo attorno. Dio solo sa se c'é qualcuno nel raggio di kilometri. Prima, acceleratore, frizione. Si parte. Sono sull'asfalto, e faccio i primi metri. Ho ancora la visera alzata. L'aria è fitta di aculei, ma piacevole. Mentre abbasso la visiera, penso Andiamo!

Siamo io e lei. Lontano, il mondo...

Comments:
Ah, grazie! Beh, qualche volta ci vado ancora da solo! :-)
Sono due cose diverse, molto!
Ma in due... eh... in due... :-*
 
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